Vesuvio

Ho realizzato questo mini cartone , mentre "sbariavo" in rete. Ho pensato che dal cratere del vesuvio invece di uscire la lava , uscissero note musicali. E' più che altro un augurio per il riscatto della mia città, che potrebbe ricominciare proprio dalla musica, che in questo periodo è poco rappresentata in Italia e nel resto del mondo.
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lunedì 4 febbraio 2008

Biografia Eduardo Bennato

Edoardo Bennato

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Edoardo Bennato
Edoardo Bennato in concerto nel 2007
Edoardo Bennato in concerto nel 2007

Nazionalità Italia
Genere Pop-Rock
Periodo attività 1966 - in attività
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Album pubblicati 32
Studio 23
Live 3
Raccolte 6
Sito ufficiale
Si invita a seguire lo schema del Progetto Musica

Edoardo Bennato (Napoli, 23 luglio 1949) è un cantautore italiano.

Indice

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Biografia [modifica]

Chitarrista, armonicista e cantante, dopo un'esperienza londinese cominciò a proporsi come one man band suonando contemporaneamente oltre alla chitarra ed all'armonica anche dei tamburelli, il kazoo ed altre percussioni. L'influenza di grandi del Rock e della musica pop (Dylan su tutti) caratterizzò subito il suo personaggio e la sua musica nella quale non potevano però mancare influenze mediterranee e partenopee. Tra gli altri autori che lo hanno influenzato vanno citati anche Jimmy "Hammond" Smith, Paul Anka e Neil Sedaka. I suoi testi - specie quelli del primo periodo - sono ironici e dissacratori e rivolti in modo graffiante contro il potere, a qualsiasi livello ed in qualsiasi forma si manifesti.

Gli inizi [modifica]

Fratello di Eugenio, di due anni più grande, e di Giorgio, che è invece più giovane, si accosta sin da piccolo alla musica, da un lato spinto dalla mamma, che invoglia i figli a suonare, dall'altro dal rock'n'roll, che lo influenza sin dal suo arrivo in Italia, anche grazie ai soldati americani di stanza a Napoli (in particolare il giovane Edoardo è colpito da Paul Anka, Chuck Berry e Neil Sedaka; altri influssi su Bennato sono alcuni cantanti napoletani come Renato Carosone, Aurelio Fierro e, soprattutto per il modo di cantare, Peppino Di Capri.

È proprio la mamma, comunque, che lo accompagna spesso a Roma per fare ascoltare le sue canzoni, e Vincenzo Micocci, discografico della Parade (fondata dallo stesso Micocci insieme a Carlo Rossi e Ennio Morricone), rimane colpito in particolare da una canzone, "Era solo un sogno": cerca di proporla a Bobby Solo ma, fallendo l'operazione, decide di farla incidere allo stesso Bennato.
Sul retro viene inserita la canzone "Le ombre", dove Edoardo suona l'armonica, diventando così il primo cantante italiano in assoluto a suonare questo strumento; entrambe le canzoni vengono scritte per quel che riguarda il testo insieme a Alessandro Portelli, professore di letteratura angloamericana all'Università La Sapienza di Roma ed esperto musicologo.
Il disco, pubblicato nel 1966, non riscuote il successo sperato.
Nel frattempo Bennato si diploma, e decide di trasferirsi a Milano per frequentare la facoltà di architettura: qui ritrova un giovane cantautore che ha già avuto modo di incontrare nei suoi soggiorni romani, Herbert Pagani, che si interessa alle musiche scritte da Bennato, scrivendo dei testi da abbinare, ed è così che nascono i successi di "Cin cin con gli occhiali" nel 1968, "Ahi le Hawai" nel 1969 e "Fuoco bianco" nel 1970, cantate da Pagani.

Il buon esito commerciale di questi dischi fa sì che la Numero Uno, la nuova casa discografica fondata da Mogol e Lucio Battisti, lo metta sotto contratto, grazie soprattutto all'intuito di Alessandro Colombini, facendogli incidere un 45 giri, "Marylou" (scritta insieme al fratello Eugenio, con testo di Mogol), con chiare influenze del rock'n'roll anni '50; la canzone sul retro, "La fine del mondo", è scritta Edoardo su un testo di Herbert Pagani.

In questo periodo Bennato scrive molte canzoni per altri autori: nel 1970 "Color cioccolata" (su testo di Mogol) per i Nuovi Angeli, e "Perché....perché ti amo" (insieme al fratello Eugenio per la musica, su testo di Mogol) per i Formula Tre, nel 1971 "Lei non è qui...non è là" per Bruno Lauzi, che scrive il testo (nel disco di Lauzi Edoardo suona l'armonica a bocca), "un uomo senza una stella" per Michele e "The village" per Bobby Solo, nel 1972 "Perché perché", presentata da Giovanna al Disco per l'estate e nel 1973 "Apri gli occhi bambina", ancora per i Nuovi Angeli.

Nel frattempo, nel 1970 esce un secondo 45 giri, contenente "1941", cover di una canzone dallo stesso titolo di Harry Nillson, scritta da Mogol e Alessandro Colombini, autore del testo del brano sul retro, "Vince sempre l'amore".
L'anno dopo è la volta di "Goodbye Copenaghen" e "Marjorie", che sono le prime due canzoni ad essere scritte interamente, testo e musica, da Edoardo.
L'esito commerciale di questi dischi è però scarso, e Bennato, spinto anche da Alessandro Colombini (che, a causa di alcuni screzi avuti con Mogol, ha abbandonato la Numero Uno ed è passato alla Ricordi), che si propone come suo produttore, decide di cambiare casa discografica e di passare alla Ricordi che gli dà la fiducia per la realizzazione di un intero LP.

Bennato, dopo aver trascorso qualche mese a Londra esibendosi come one man band suonando contemporaneamente oltre alla chitarra ed all'armonica anche dei tamburelli, il kazoo ed altre percussioni, torna a Milano dove incide il primo LP, Non farti cadere le braccia: si tratta di un disco ancora immaturo, dove tra canzoni oggettivamente tra le migliori scritte dal cantautore (come la stessa title track, o "Rinnegato" o "Campi Flegrei") vi sono alcuni riempitivi ("Ma quando arrivi treno" o "MM", solo strumentale, o "Tempo sprecato"); Bennato ricupera inoltre la canzone scritta insieme a Lauzi, "Lei non è qui...non è là", eseguita in versione acustica, e musica un testo scritto per lui da Patrizio Trampetti, conosciuto da Bennato tramite suo fratello, poiché entrambi sono membri della Nuova Compagnia di Canto Popolare. La canzone è "Un giorno credi", e l'episodio è citato dallo stesso Bennato in un'altra canzone del disco, "Rinnegato".

Collabora a Wikiquote « Patrizio dice che si deve sempre dire / ad ogni costo, tutto quello che ti pare. / Gli ho detto: «Fammi un testo per una canzone», / l'ha fatto ed ora so che è pazzo da legare. »


Il disco non riscuote un gran successo di vendita (e l'edizione originale, apribile con il fiammifero in rilievo, diventa una rarità di valore nel mondo dei collezionisti), consente tuttavia a Bennato di avere alcuni passaggi radiofonici a "Per voi giovani" e a "Alto gradimento", e di iniziare ad effettuare alcuni concerti.

Il successo [modifica]

La Ricordi, spinta dalle buone recensioni del disco, pubblica nel 1974 il secondo lavoro: si tratta di un concept album, intitolato I buoni e i cattivi, sulla difficoltà di capire che cosa sia veramente il bene e che cosa il male: quelli che sembrano "i buoni" sono poi quelli che fanno i colpi di stato ("Arrivano i buoni"), chi diventa presidente della Repubblica sembra "uno buono", ma chissà se poi farà veramente qualcosa ("Uno buono", dedicata al compaesano di Bennato Giovanni Leone, diventato tre anni prima presidente), la scuola dovrebbe essere un'istituzione "buona" ma in realtà serve solo a rendere i giovani pronti ad accettare qualsiasi autorità ("In fila per tre").
Allo stesso modo, i "cattivi" forse non è detto che lo siano: una città che sembra andare in rovina nasconde, invece, ancora un po' di umanità ("Tira a campare"), una giornata nata storta si può concludere bene ("Che fortuna").....alla fine i giovani non devono preoccuparsi, lascino fare a chi ne sa più di loro e che sistemerà tutto ("Bravi ragazzi").
La copertina esplicita i concetti del disco: vi sono infatti due carabinieri (lo stesso Bennato e Raffaele Cascone, il conduttore radiofonico al quale due anni dopo dedicherà "Venderò") ammanettati, e non si capisce chi sia il buono e chi il cattivo.
Il disco riscuote un buon successo di vendite, entrando anche nelle classifiche.
Sempre nel 1974 esce un 45 giri contenente due nuove canzoni, "Meno male che adesso non c'è Nerone" e "Parli di preghiere", di discreto successo; la prima sarà inserita nell'album successivo, "Io che non sono l'imperatore", pubblicato dalla Ricordi agli inizi del 1975, mentre la seconda resterà inedita su LP (e non verrà nemmeno inserita nelle varie compilation successive).
Anche "Io che non sono l'imperatore" vende discretamente: tra le canzoni più trasmesse dalle varie trasmissioni radiofoniche ci sono "Signor censore", "Feste di piazza" (con un testo scritto nuovamente da Patrizio Trampetti) e il "divertissement" di "Io per te Margherita", dove Bennato si diverte a cantare ironicamente una triste storia d'amore.
La canzone "Affacciati affacciati" è registrata dal vivo durante un concerto all'Università "Bocconi" di Milano, ed è un attacco abbastanza esplicito alla figura del papa (....e per chi non avesse capito il riferimento, all'interno del disco il testo è riportato con a fianco una fotografia di piazza San Pietro).
La copertina raffigura sia all'esterno che all'interno la tesi di laurea di Bennato, e cioè un progetto per la realizzazione della metropolitana di Napoli che andasse a toccare anche i quartieri della periferia, e non solo quelli del centro o abitati dalla Napoli-bene.

La torre di Babele esce nel 1976 e prosegue sulla strada dell'impegno sociale dei testi, ma con venature musicali più vicine al rock e al blues, sempre in chiave acustica, grazie anche alla presenza del chitarrista Roberto Ciotti. Il disco contiene tutti i temi della "poetica bennatiana", contro la guerra, l'arrivismo, l'arroganza, anche della propria categoria (Cantautore), con qualche brano che troverà sempre spazio nelle esibizioni live e nelle compilation che seguiranno. Dopo trent'anni, il disco stupisce ancora per l'attualità dei testi e la forza delle parole in essi contenute (La torre di Babele, Venderò, Viva la guerra, Eaa), unitamente a uno stile musicale incisivo, a volte martellante e sempre raffinatamente acustico, molto prima che la moda dell'unplugged lo imponesse (e prima che le tecnologie di amplificazione e registrazione degli strumenti acustici ne permettessero un uso intenso).

Nel 1977 esce Burattino senza fili. Siamo in presenza di un capolavoro. Un disco che costituisce una pietra miliare nella storia della musica leggera italiana, e con le carte in regola per fare scuola anche all'estero. Basterebbe questo disco a fare di Edoardo Bennato uno dei più grandi autori e cantautori italiani. Il disco contiene un classico della "canzonetta" italiana, come Il Gatto e La volpe, che entra subito nel patrimonio collettivo e viene canticchiato ancora oggi, trent'anni dopo, da tutti, pur senza che tutti sappiano chi ne è l'autore (il marketing e il management a cui Edoardo si affiderà in futuro, non brillano certo in iniziativa). Ma è tutto il disco a creare un coerente affresco sulla falsa riga della storia del burattino di Collodi. L'autore analizza critica e sentenzia su alcuni importanti aspetti sociali e filosofici che interessano la vita di ognuno di noi: il conflitto tra la sincerità dei piccoli e l'ipocrisia dei "grandi", l'arroganza dei potenti e dei privilegiati, la strumentalizzazione ipocrita della femminilità, lo stato di isolamento in cui si trova chi cerca di dire qualcosa di semplice e sensato, senza secondi fini ne' interessi personali. Questi temi torneranno anche nei dischi successivi, e sono già abbozzati in quelli precedenti. Ma qui trovano una organicità notevolissima, grazie anche alle scelte musicali che spaziano dal rock alla musica da camera in un impasto di stili variegato che mostra come Edoardo si sappia muovere a proprio agio tra influenze stilistiche assai difformi tra loro, cogliendo da ogni stile le caratteristiche e le espressioni che più si adattano al messaggio di ciascun brano.

I tre anni di silenzio successivi (escluse le versioni in inglese de "La torre di Babele" e "Cantautore") preludono al momento più fortunato (giustamente) della carriera di Edoardo Bennato, dove, inaspettatamente, Edoardo supera se stesso, producendo un altro disco ispirato ad una favola, quella di Peter Pan, che affianca Burattino senza fili, con atmosfere musicali,testi, analisi di temi sociali e filosofici, e carica emotiva, se possibile, ancora superiori. Siamo al vertice dell'ispirazione, al punto che, nel 1980, di dischi non ne esce uno, ma ne escono due. Il capolavoro è Sono solo canzonette, titolo che riassume il pensiero dell'autore. Ma, con qualche giorno di anticipo, senza aver comunicato la cosa ne' ai giornalisti ne' al pubblico ne' ai mass media (Bennato era l'autore italiano di maggior successo, in quel periodo), esce Uffà! Uffà!, disco irriverente anche per i contenuti folli e dissacratori di cui è ricco, nel quale sembra prevalere un'ispirata componente di divertimento e di distacco dal politicamente corretto che da' a Edoardo la possibilità di prendere e prendersi in giro con grande libertà ed ironia; il disco testimonia un momento di grandissima creatività. È evidente la naturalezza con la quale vengono composti i brani musicali ed i testi; si ha l'impressione di un disco realizzato di getto, magari anche nei ritagli di tempo, ma comunque testimonianza di una notevole voglia di fare e di dire. Non manca l'impegno sociale, almeno nel brano che da' il titolo al disco: sembra scritto ieri per una delle ormai sempre più ricorrenti crisi geopolitiche legate al medioriente. Vale la pena anche di sottolineare come il disco Uffa' Uffa' possa essere considerato l'antesignano di quel filone italiano di rock demenziale con venature punkeggianti che si svilupperà nei decenni successivi. È una demenzialità sempre auto-ironica, senza mai eccedere nell'insulto, nello sberleffo, e tanto meno nella volgarità: quanto basta per divertire, divertirsi e lanciare qualche messaggio, sempre sorretto da scelte musicali variegate e difformi, e sempre divertendosi a fare il verso a ciascuna influenza stilistica, come già avveniva in Burattino senza fili.

Pochi giorni dopo l'uscita di Uffà! Uffà!, prendendo in contropiede pubblico, critica, giornali e televisioni che in quel periodo lo tallonavano e che avevano ascoltato il disco non capendo come mai la canzone presentata precedentemente in televisione non fosse nel disco, viene finalmente distribuito Sono solo canzonette. Testimonianza del più alto momento creativo di Bennato, contiene tutti gli ingredienti che ne fanno uno dei massimi prodotti della musica leggera italiana. La favola di Peter Pan è il pretesto per sottolineare ancora una volta che il modo di pensare e di agire delle cosiddette persone serie, rispettate, consapevoli, equilibrate, colte, istruite, spesso sconfina nell'arroganza e nella presunzione e non riesce a soddisfare l'istinto di libertà e fantasia che è dentro ogni persona. Il brano l'Isola Che Non C'E' è quello maggiormente ispirato. Si sviluppa da una frase ricopiata testualmente dalla fiaba e accompagnata da un arpeggio di chitarra acustica che poco per volta viene affiancata da una chitarra a 12 corde, dal contrabbasso e da un leggero tappeto di tastiere, fino al climax creato da un magistrale assolo di armonica a bocca: un piccolo manuale di folk-rock che sottolinea un testo di altissimo valore poetico ed evocativo. Altri brani si muovono tra il rock e la musica lirica, tra echi rinascimentali e swing, tra sintetizzatori e ciaramelle, fino a quello che forse può essere considerato il manifesto spirituale dell'autore: "sono solo canzonette, non mettetemi alle strette"; in mezzo a tanti che coltivano la propria immagine di filosofi e di santoni, Bennato confessa di non avere risposte da somministrare agli adepti. Il successo è notevole. In un'estate che vede lo stadio di San Siro di Milano gremito di pubblico per nomi del calibro di Bob Dylan, Bob Marley e Carlos Santana, Edoardo Bennato riesce, primo tra gli italiani, a riempire lo stesso stadio con più di sessantamila persone.

Edoardo Bennato e' diventato il cantautore piu' acclamato in Italia, le parole delle sue canzoni vengono lette nelle scuole e lui sembra quasi trovarsi nella posizione di profeta-santone che aveva tanto esorcizzato nelle sue stesse canzoni. Il momento e' perfetto per riprendere un brano di Ry Cooder, cambiandone le parole, per pubblicarlo in un singolo a 45 giri, dal titolo "E Invece No", nel quale ancora una volta Edoardo prende in giro se stesso come cantautore di successo. Un altro singolo viene poi pubblicato con un orecchiabile motivo caraibico (Nisida), andando ad affiancarsi all'altro parteno-reggae che stava sul retro di E Invece No. I tre brani vengono subito apprezzati dal pubblico ed entrano stabilmente a far parte del repertorio live. All'apice del successo Edoardo Bennato torna in sala di registrazione con l'idea di registrare un grande musical sulla trama della fiaba del pifferaio magico rivisitata in chiave moderna. Il risultato e' il disco È arrivato un bastimento, che non trova il successo meritato e che non riesce a sfociare nella auspicata realizzazione del musical. Il disco e' realizzato con l'apporto di una produzione di alto livello, e di musicisti e tecnici di fama internazionale e contiene dei momenti di notevole spessore tecnico musicale e poetico, con l'ormai consueto mix di stili musicali, dalla lirica all'hard rock, dal folk allo ska, dal mandolino all'elettronica.

Ed e' proprio su questo, l'elettronica, che sembra concentrarsi l'attenzione dell'autore quando di fronte allo "Specchio delle mie brame" (estemporanea sortita nella favola di Biancaneve) viene a sapere che c'e' qualcuno piu' bravo, piu' apprezzato di lui; qualcuno che ha piu' successo, che piace di piu' alla gente, che fa ballare tutti con un ritmo perfetto. E' il computer, che nella musica degli anni ottanta ha preso il sopravvento sull'abilita' tecnica dei musicisti e che spopola nelle discoteche dove solo pochi anni prima la gente si entusiasmava al suono delle chitarre (vere) di Capitan Uncino.

Nel 1984 viene pubblicato un disco live che riprende l'energia e le sonorita' degli spettacoli dal vivo, nei quali i brani storici come La Torre di Babele, Cantautore e altri trovano nuova energia dagli arrangiamenti che i musicisti della band suggeriscono a Bennato.

Nel 1985 esce Kaiwanna, il disco di rottura con la propria tradizione rock e folk, ricco di suggestioni elettroniche, completamente privo dei suoni acustici che avevano caratterizzato gran parte delle produzioni precedenti e logica conseguenza delle considerazioni che lo "Specchio delle mie Brame" aveva suggerito: il computer domina incontrastato, accanto a chitarre rigorosamente elettriche e ad un uso molto esteso delle tastiere elettroniche.

Col passare del tempo, linea musicale e lirica di Edoardo Bennato subisce un'evoluzione che lo porta a produrre brani più leggeri. Ciò ha causato l'abbandono di molti dei suoi vecchi fans legati al vecchio stile ormai mutato. In più molti non hanno accettato le sue scelte riguardo alla pubblicità, in quanto nei testi (sia moderni che del primo periodo) questa viene spesso condannata e sbeffeggiata, mentre il cantautore è stato in seguito protagonista di diversi spot pubblicitari.

Dopo il 1985, non mancano tuttavia buone produzioni, volte in alcuni casi alla riproposizione di vecchi successi in diversa chiave stilistica.

E' il caso di Edo rinnegato che esce nel 1990 e che consiste nella registrazione di brani composti a partire dal 1973, in chiave rigorosamente acustica, tornando anche all'apporto di Roberto Ciotti, ormai affermatosi come importante chitarrista blues (e autore, tra l'altro, delle colonne sonore dei film Turné e Marrakech Express di Gabriele Salvatores), di Lucio Bardi, che da qualche anno si era spostato nella band di Francesco De Gregori , di un Luciano Ninzatti finalmente tornato a fare cio' che sa fare meglio (suonare la chitarra, appunto) e con la collaborazione artistica agli arrangiamenti di Massimo Tassi. Nel disco i brani piu' datati non risentono molto dell'operazione di remake, data la gia' forte componente acustica delle versioni originali. Sono i brani piu' recenti che trovano invece nuova linfa dalla scelta di proporne la semplice struttura armonica e melodica, tralasciandone gli appesantimenti elettronici delle versioni orginali. Anche Quartetto d'archi, nel 1996, riprende vecchi successi e brani recenti, fondendoli in un una unita' stilistica data dall'utilizzo, insieme alla chitarra 12 corde, al tamburello a pedale, all'armonica e al kazoo (suonati tutti, come sempre, dal solo Edoardo), di un quartetto d'archi, i Solis String Quartet, che accompagnano ogni esecuzione con nuovi arrangiamenti, riportandone l'atmosfera alla musica da camera, e creando un piacevole ed inedito contrasto con il suono degli strumenti folk di Edoardo. Ne risulta un disco piacevolissimo, totalmente acustico, completamente privo, quindi, di artifici elettronici, quasi grezzo, ma assolutamente fedele alle sonorita' classiche dei quattro archi che accompagnano e sottolineano ogni sfumatura. Edoardo gradisce i nuovi arrangiamenti al punto che una pietra miliare come L'isola che non c'e' d'ora in poi verra' sempre suonata cosi'(anche in assenza degli archi, con l'eventuale ausilio degli strumenti elettrici). Anche in questo caso i brani piu' recenti sembrano trovare una veste musicale decisamente piu' matura rispetto agli originali precedentemente incisi su disco.

Interessante e' anche l'episodio del 1992 intitolato È asciuto pazzo 'o padrone, uscito sotto lo pseudonimo di Joe Sarnataro. Operazione anche in questo caso di remake (almeno parziale), ripropone pero' i classici del blues, su testi cantati in dialetto napoletano, in un tono di ironica denuncia dei difetti (e dei pregi) della citta' di Napoli e della napoletanita'. In questo Edoardo e' aiutato da un gruppo di musicisti, i Blue Stuff, "sanguigna blues band fedelmente dedita al Chicago Style" che, dal vivo, nella seguente tournee' rivisita in modo impeccabile anche la precedente produzione discografica di Bennato. In una veste decisamente diversa dalle precedenti esperienze, Edoardo Bennato trova il modo di sfoderare una grande abilita' vocale, che lo porta a riproporre i classici in modo estremamente efficace.

Per il resto, tra il 1987 e il 2003 escono alcune raccolte antologiche e diversi album di inediti che non riescono a trovare il successo della produzione precedente e che vedono il progressivo affievolimento del fenomeno Edoardo Bennato che tanto aveva entusiasmato il pubblico negli anni passati. In alcuni casi le produzioni sono di buon livello, ma e' difficile trovare una coerenza, un'ispirazione ed una freschezza compositiva pari alle precedenti produzioni, tali cioe' da caratterizzare tutto un disco nella sua interezza. Contribuisce a sminuire la bonta' di alcune intuizioni l'atteggiamento schivo dell'autore, che, forse sorretto da management poco aggressivo, non sembra teso alla promozione commerciale del proprio lavoro, come invece lo show businness richiede ogni giorno sempre piu'. Sembra quindi che la creativita' degli esordi si sia almeno parzialmente esaurita, e forse l'abitudine al "capolavoro" che il pubblico aveva acquisito in precedenza, gioca commercialmente a sfavore. In alcuni casi si assiste al ricorso a spunti musicali provenienti da altri autori, che a volte porta alla proposizione di cover in italiano di brani, piu' o meno famosi, del passato. Questo offre il fianco alla critica per rimarcare la perdita di creativita' e di originalita'. Ad esempio, c'è chi condanna profondamente la somiglianza tra la canzone "Sleep" dei The Dandy Warhols con il suo pezzo chiave di uno dei suoi dischi più recenti che s'intitola "Stop America".

Nel 2003 Edoardo torna infatti al pubblico con il disco L'uomo occidentale, prodotto, in gran parte, sull'onda degli avvenimenti sociali e politici che sconvolgono il quadro internazionale. Aspra, come sempre, e soprattutto agli inizi della carriera, è la critica all'arroganza del mondo occidentale e alla violenza di chi cerca di porvi un rimedio. E' forse in questo caso di inasprimento dei conflitti sociali a livello planetario che Edoardo Bennato ritrova la voglia e l'ispirazione per proporre qualcosa che va al di la' della buona musica e tratta anche temi sociali ed etici di grande attualita' e di grande portata. Accanto alle ormai solite citazioni, non mancano spunti interessanti e, in alcuni casi, autentici capolavori. E' il caso di "A cosa serve la guerra", eseguita e composta con l'insostituibile apporto del fratello Eugenio, e di "Non e' amore", frutto dell'evoluzione di un'idea che aveva visto la prima luce nel 2001, sulla colonna sonora del film Il principe e il pirata di Leonardo Pieraccioni. Edoardo e' sorretto tra l'altro da una band estremamente energica ed efficace, gli Hillside di Napoli, guidati dai fratelli Gennaro Scarpato, alla batteria e Roberto Scarpato, alle chitarre. La conclusione del disco e' affidata ad una spassosa riproposizione in chiave "gucciniana" del carme di Alessandro Manzoni intitolato Marzo 1821. Edoardo si diverte a cantare alla maniera di Francesco Guccini il testo manzoniano, rispolverando la voglia di divertire se stesso e il pubblico che sembrava avere un po' perso negli anni.


[...]

Discografia [modifica]

45 giri/Cd singoli [modifica]

33 giri e CD [modifica]

Raccolte [modifica]

Altri progetti [modifica]

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