Vesuvio

Ho realizzato questo mini cartone , mentre "sbariavo" in rete. Ho pensato che dal cratere del vesuvio invece di uscire la lava , uscissero note musicali. E' più che altro un augurio per il riscatto della mia città, che potrebbe ricominciare proprio dalla musica, che in questo periodo è poco rappresentata in Italia e nel resto del mondo.
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domenica 20 aprile 2008

Meg canta la delizia della psiche e Napoli città aperta

 


La copertina di Psychodelice (Foto: Umberto Nicoletti)

Annunciata dal singolo Distante, il 18 aprile esce la delizia della psiche di Meg, ovvero Psychodelice, il secondo album da solista per la cantante ex 99 Posse. Dopo l’intimistico Meg (2004), il nuovo lavoro dell’artista napoletana, pubblicato dalla sua etichetta Multiformis, scorre tra ritmi più movimentati, in una sperimentazione non esasperata, con un sound elettronico di base. Non per nulla è co-prodotto da Stefano Fontana, meglio noto nei club di electro-house come Stylophonic. E a co-produrre alcuni brani ci sono anche il musicista Mario Conte e Danilo Vigorito, apprezzato nel mondo techno, house e underground.
Qui il video promo di Distante, da Youtube:


Psychodelice è il neologismo che Meg ha inventanto perché l’album rappresenta per lei un viaggio alla conoscenza di sé che, nel bene e nel male, dà un benessere impagabile, ed è il migliore e il più efficace degli antidoti contro gli innumerevoli problemi della vita (originariamente il disco doveva chiamarsi Antidoto). La cantante, cresciuta artisticamente nei centri sociali, accenna a un ritorno alla denuncia politica, cantando in inglese, in Promises e Running fast (ispirata alla morte di Carlo Giuliani). Ma non manca qualcosa tra il sentimentale e l’ironico, come in È troppo facile e Distante. E soprattutto, tra le dieci tracce, c’è Napoli città aperta, canto di amore e dolore per il capoluogo campano.
Panorama.it ne parla con Meg.

Meg, secondo album da solista, più aggressivo e danzereccio - senza esagerare - rispetto al precedente più intimo e delicato. Un’altra sfaccettatura di Meg donna e artista, che richiama un po’ di più le origini nei “99 Posse”?
Ogni disco rispecchia secondo me il relativo periodo della vita di chi lo ha scritto. Così, per esempio, il mio lavoro precedente parlava in buona parte della necessità psichica - dopo circa dieci anni di sovraesposizione e tinte forti - di avere un momento tutto per sé, raccolto ed intimo. Durante tutta la scrittura di Psychodelice, invece, ho sentito forte l’esigenza di far convivere, armonizzandole, due parti emozionali di me, in apparenza agli antipodi, ma che invece finiscono per essere essenziali l’una all’altra, completandosi. Quella più delicata e femminile, che era venuta fuori in maniera così evidente nel disco scorso, e quella più sfrontata, danzereccia, estroversa, insomma, quella più da maschiaccio, della quale non potevo proprio più fare a meno.
Nell’album ci sono tre canzoni in inglese (”Promises”, “Running fast” e “Laptop Love”), e anche alcuni interventi in inglese in altri testi in italiano (la fine di “Napoli città aperta” e di “Permesso?”): come mai questa scelta?
La convivenza di due lingue secondo me può essere un’interessante ricchezza espressiva. Soprattutto se supportata da un sound compatto che “uniformi i sapori”. Scrivere e cantare in inglese è una cosa che ti dà possibilità di soluzioni ritmiche, metriche e testuali che l’italiano non può darti, e viceversa.
L’uso che fai della voce è molto particolare: è un processo spontaneo o è il frutto di una ricerca vocale “studiata”?
Sono partita da un uso della voce totalmente istintuale ed emozionale, solo quando la musica è diventata il mio lavoro vero e proprio, ho cominciato a studiare canto e a sentire la necessità di andare alla ricerca delle sfumature e delle potenzialità della mia voce.
Con Meg non si può non parlare di Napoli, città “sola”, “dolce creatura” quando dorme, che al sorgere del sole è un mostro che si sveglia per la fame. Come scrivi e canti in “Napoli città aperta”. Parole sempre attuali, oggi ancor di più per la situazione del capoluogo campano. Cosa senti nel vedere la tua città sepolta da rifiuti?
Scritta due anni fa, questa canzone è una delle mie predilette del disco. Ho preso in prestito il titolo dal famoso film di Rossellini, Roma città aperta, perché Napoli è una città sempre in guerra, sempre sotto assedio. Invasa, stuprata e offesa quotidianamente da forze legali ed illegali, istituzionali e criminali, occulte e non, è una terra che sanguina come fosse una vena aperta. Le responsabilità sono sia della criminalità organizzata sia della politica. Quest’ultima non ha mai realizzato, né mai lontanamente pensato di realizzare, un progetto reale e concreto, di sviluppo sul territorio. Nel vedere la mia città versare in queste condizioni provo dolore e rabbia, ma un dolore e una rabbia che si proiettano nei confronti di tutto il paese. Napoli non è che lo specchio di come funziona l’Italia.
Napoli è una città da amare ma da cui fuggire?
Ho sempre vissuto a Napoli, non me ne sono mai andata, ma semplicemente perché ho avuto la fortuna che non hanno avuto migliaia e migliaia di giovani della mia età e della mia terra, che invece sono stati e sono costretti ogni giorno a partire, fuggire, andare alla ricerca di un futuro dignitoso che qui gli è negato. Io ho avuto la fortuna di non dover “subire” una scelta non voluta. Resta il fatto che il mio rapporto con la città è molto conflittuale.
Personalmente, vedi una soluzione al problema “monnezza”?
Certo che c’è una soluzione! altrimenti come farebbero nelle altre città o negli altri paesi ad affrontare la questione rifiuti? Dalla raccolta differenziata al regolare funzionamento degli impianti di smaltimento, dalla lotta alla corruzione all’impegno dei politici tutto si può e si deve fare! Per quanto il problema sia complesso ed incancrenito, è sbagliato pensare che non ci sia niente da fare: è un pericoloso meccanismo mentale che subdolamente innesta rassegnazione e disimpegno.
Credi che gli artisti e gli intellettuali napoletani possano fare qualcosa per Napoli?
Portare speranza, e con essa, ridare potere alla parola. Alla parola della gente.
Dalla politica ti aspetti qualcosa di concreto per la tua città?
La classe politica è agli occhi dei cittadini di questo paese quanto di più lontano ci sia dal concetto di “politically correct”! I politici italiani sono un paradosso vivente: dovrebbero pensare unicamente al benessere pubblico ed invece pare che ormai senza pudore alcuno, dimostrino una vorace ed unica passione nei confronti dei propri interessi privati. I politici sanno perfettamente che c’è una questione meridionale ancora aperta e ancora irrisolta in maniera drammatica, e sanno ancora meglio che la prima potenza economica del Paese è costituita dalla criminalità organizzata. Dal futuro governo mi aspetterò cose concrete solo nel momento in cui vedrò degli sforzi concreti atti a realizzarle. Fino ad allora, le parole e le promesse dei politici risuoneranno alle mie orecchie come qualcosa di vacuo e fastidiosamente ipocrita.
Tuoi progetti futuri-imminenti?
Sarò in turnée per i prossimi mesi, l’uscita di un nuovo disco è, in tutti i sensi, un po’ l’inizio di un nuovo viaggio e di una nuova avventura.


Meg a New York (Foto: Umberto Nicoletti)

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