Potrebbero scriverglielo sul frontespizio dei dischi: "non mi prenderete mai vivo!". Daniele Sepe è difficile da inquadrare, ancora di più da etichettare o da definire. Fa musica a 360°. "Jurnateri" era un disco di musica popolare internazionale, "Anime candide" uno sporco disco di rock, "Sturiellet" aveva parentele con la classica, "La banda dei pezzenti" sapeva di jazz e "Suonarne 1 x edicarne 100" era rock blues. E Kromantica? E' cantato in latino e si occupa di musica antica, medioevale, con due vistose (e gaudiose) eccezioni. Eppure è un disco meraviglioso!
Scrive Daniele nella presentazione al disco (e teniamo a mente che le presentazioni di Daniele Sepe sono un valore aggiunto per i suoi cd): "E quindi, senza farvela lunga, dopo aver tanto seguito questa musica, ho avuto la fortuna di incontrare sul mio cammino questi bei tipi dei Micrologus. E, tra parentesi, scopriamo di avere in comunque anche una militanza "pienamente" sinistrorsa. E allora via con questo progetto "Kronomakia" - la battaglia dei tempo, titolo suggerito da Stefano Valanzuolo per un mitico concerto nel chiostro di San Francesco Sorrento". E prima spiega: "è come ritrovarsi in trattoria con un dinosauro seduto al fianco". E' l'esatta sensazione che il disco fa. Prende musiche remote e le intinge in un bagno di presente. Il risultato è spiazzante. E straordinario.
D'altra parte un disco simile non si può che amarlo alla follia o rigettarlo totalmente: ho scelto la strada dell'amore incondizionato, ma brani come "La Manfredina" non potevano che portarmi su questa strada. Una danza italiana della fine del XIV secolo, conservata in un manoscritto a Londra, in due sezioni, dove la stessa melodia è eseguita prima lentamente in tre tempi e poi, nella rotta, precipitosamente in due. Sono 7'24" la prima parte e 1'54" la seconda, ma si tratta di pura passione.
Cerchiamo di spiegare l'insieme del lavoro, utilizzando la presentazione di Stefano Valanzuolo: "Che la Storia si possa definire una guerra illustre contro il tempo, una sorta di "Kronomakia" insomma, lo diceva già qualcuno nell'Ottocento e con maggiore autorevolezza di noi. La Storia tutta, compresa quella della musica, così legata nel suo evolversi a meccanismi di azione e reazione più o meno occulti; così lineare all'apparenza e, invece, fitta di intrecci imperscrutabili a proposito dei quali, oggi, si parlerebbe di fusion con assoluta nonchalance. Andando a ritroso nel tempo, si scoprono nel Medioevo, specie in quel periodo compreso tra il fatidico anno Mille ed il secolo XIV, i segni di una vivacità ancora più ribollente e composita. La contaminazione, di cui troppo si discute oggi in musica e non solo, ha dunque radici antiche".
E allora Sepe e i Micrologus, danno alla luce oggi un album inciso nel 2006, prodotto nel 2007 e che ospita musiche che vanno dal canto gregoriano, ai Carmina Burana, alla musica dei troubadors e dei menestrelli, fino a quella dei clerici vaganti e dei gogliardi (gli attuali "studenti fuori sede"? O quelli dell'Erasmus?), per arrivare a Carlo Orff, alle Cantigas spagnola ed al loro legame stretto con la tradizione arabo-andalusa. Come dice ancora Sepe: "Insomma Wagner non sarebbe esistito senza l'apporto di illustri anonimi musicisti di ascendenza mediorientale. Il mischiarsi delle razze e delle culture porta sempre l'umanità un passo avanti". Da sottoscrivere.
I passi in avanti qui sono tanti e così ampi e ben distesi che ci si può permettere senza offendere né scandalizzare nessuno di chiudere con due brani come "Vivimus" che il libretto del disco descrive così: "canzone da ballare fortuitamente trovata tra i manoscritti della Biblioteca dei Travoltini in Napoli, durante la lavorazione di questo cd. Questa danza era uso eseguirla in coppie il sabato notte, con delle figure coreutiche in cui mani e piedi si dimenavano furiosamente. Oscure le origini dell'autore, probabilmente uno pseudonimo, Biggissio da Novajorka". Se non l'avete ancora capito si tratta di "Stayin' alive" dei Bee Gees da "La febbre del sabato sera". Un colpo di teatro.
Bissato subito sotto, in chiusura del disco, da una maestosa "Norwagiae Lignum" (qui è più facile: si tratta di "Norwegian Wood" dei Beatles). "Alcuni studiosi sostengono che sia alla base della forma-canzone contemporanea e che abbia ispirato un famoso brano di un importante gruppo Britannico". E siamo dentro a "Non ci resta che piangere" nel momento in cui Massimo Troisi re-inventa "Yesterday", dello stesso gruppo britannico, per far colpo su una damigella. I Beatles reinventati in latino ci offrono 6'29" di musica suonata dagli angeli. Imperdibile
Vesuvio
Ho realizzato questo mini cartone , mentre "sbariavo" in rete. Ho pensato che dal cratere del vesuvio invece di uscire la lava , uscissero note musicali. E' più che altro un augurio per il riscatto della mia città, che potrebbe ricominciare proprio dalla musica, che in questo periodo è poco rappresentata in Italia e nel resto del mondo.
Nick
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domenica 13 aprile 2008
Daniele Sepe: Kronomakia
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